L’attivo circolante, detto anche capitale circolante o attivo corrente o ancora capitale d’esercizio, rappresenta una delle quattro classi di voci in cui è suddivisa la sezione dell’attivo dello stato patrimoniale. L’aggettivo qualificativo – circolante – vuole denotare la natura delle attività che vengono ricomprese sotto questo titolo: si tratta per lo più di attività liquide e attività che hanno breve durata.
Convenzionalmente queste ultime vengono definite come attività la cui utilità non si estende oltre il termine dell’esercizio successivo ovvero attività che entro tale termine assumono forma liquida. Esempio delle prime sono le rimanenze di magazzino, che si immaginano ruotare di esercizio in esercizio; esempio delle seconde sono i crediti esigibili entro l’anno. Nello stato patrimoniale, tuttavia, sotto il titolo attivo circolante non vengono ricomprese soltanto e tutte le attività che presentano tali caratteristiche. Per un verso, vi sono iscritte attività con durata più lunga dell’anno (si tratta in particolare di crediti); per altro verso, non vi sono ricomprese attività che hanno tali caratteristiche. Tale situazione si determina perché le voci dello stato patrimoniale non vengono classificate unicamente in funzione del criterio di durata finanziaria, ma anche in base a quello economico, relativo alla natura dei beni.
Per riunire sotto il titolo attivo circolante soltanto e tutte le voci che abbiano durata non più lunga dei dodici mesi, è necessario allora eseguire alcune somme e sottrazioni: al totale indicato nello stato patrimoniale sotto questa voce bisogna aggiungere i esigibili entro l’anno, i quali sono invece iscritti in un omonimo titolo separato, i crediti esigibili entro lo stesso termine, che risultano tuttavia iscritti fra le immobilizzazioni finanziarie, i ratei e i risconti di breve durata; bisogna per converso detrarre i crediti iscritti nell’attivo circolante, ma esigibili oltre i dodici mesi. Eseguite queste operazioni si ottiene finalmente quello che è il vero attivo dell’impresa con durata finanziaria non superiore all’anno.
Ponendolo a confronto con le passività correnti, ossia i debiti che devono essere pagati entro l’anno, si ricavano utili informazioni circa la gestione dell’impresa e la sua stabilità finanziaria. Se le passività correnti sono superiori alle correlative attività, l’impresa è gestita male, l’attività di un anno non riesce nemmeno a ripagare i debiti a breve scadenza e l’impresa rischia di entrare in stato di insolvenza. Viceversa, un rapporto più equilibrato fra attività e passività correnti, con le prime pari a circa il doppio delle seconde, rivela una gestione finanziaria più efficiente e una maggiore solidità patrimoniale dell’azienda.