Vengono definite antitrust le leggi e le autorità incaricate della loro applicazione, che hanno come fine ultimo la promozione e la tutela della concorrenza sui mercati. A tale scopo, vengono dichiarati vietati determinati comportamenti delle imprese che ostacolano palesemente la concorrenza.
Queste, per esempio, non possono assumere condotte che limitano in misura rilevante la libertà dei consumatori di rifornirsi di prodotti simili presso altri rivenditori, né possono agire per eliminare la possibilità che altri imprenditori operino nel loro stesso settore.
A seconda che tali condotte siano poste in essere da più imprese in base a un accordo oppure da una grande impresa
singolarmente, diverso è il nome che le norme europee e la legge italiana attribuiscono alle fattispecie interdette: nel
primo caso vengono definite intese o, se vi è fusione fra imprese, concentrazioni vietate; abuso di posizione dominante,
nell’altro caso.
La prima legge antitrust, nota come Sherman Act, risale al 1890. Il Congresso degli Stati Uniti la emanò per contrastare
le tattiche commerciali abusive dei trust. Con un accordo detto trust, le società ferroviarie e petrolifere conferivano la
proprietà delle rispettive quote azionarie a un gruppo di dirigenti, detti trustee, cosicché le singole imprese fossero gestite unitariamente come un’unica grande società. In cambio, gli ex-proprietari ottenevano il diritto di spartirsi i più elevati
profitti che il trust avrebbe guadagnato come monopolista. Di qui, l’emanazione di una legge contro tali condotte: una
legge appunto anti-trust.
Successivamente vennero emanate legislazioni analoghe in moltissimi altri Stati, cosicché antitrust è divenuto termine
generico che serve a denotare qualunque legge o autorità che abbia come fine l’interdizione dell’esercizio abusivo da
parte delle imprese di un notevole potere economico, indipendentemente dal fatto che esso assuma la forma del trust.
A partire dal ’90, anche l’Italia ha una propria legge antitrust, la legge n. 287 del 10 ottobre. Con essa è stato istituito anche l’organismo indipendente che deve sorvegliarne la corretta applicazione: l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato.
In precedenza, nel nostro Paese potevano essere applicate soltanto le norme comunitarie, ossia principalmente gli articoli 85 e 86 del Trattato di Roma del 1957. Sfuggivano così al divieto le intese e le concentrazioni restrittive della concorrenza, nonché gli abusi di posizioni dominante, posti in essere dalle imprese italiane nell’ambito del territorio nazionale
senza effetti distorsivi sul commercio intracomunitario.