Questa volta riflettori puntati su un contratto molto usato dalle agenzie di lavoro ossia il contratto di lavoro somministrato, detto anche ex interinale.
Il nome fa già capire che stiamo parlando di un lavoro che prevede un intermediario.
Volendo essere ancora più precisi, questo tipo di contratto si caratterizza per il fatto che è concluso da un soggetto che utilizza la prestazione lavorativa (utilizzatore) e da un altro che fornisce la prestazione (il somministratore). Terzo, ma non meno importante tra i protagonisti: il lavoratore. A differenza, quindi, degli altri contratti, in questo caso i soggetti sono tre e ognuno con un ruolo ben preciso e identificato, il che fa sì che ci sia un doppio rapporto contrattuale.
In primis tra il somministratore – un’agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero (diffidate se l’autorizzazione manca: siamo nell’illegalità) – e il lavoratore con cui viene stipulato un contratto a tempo. In secondo luogo, tra l’utilizzatore, azienda pubblica o privata, che utilizza il lavoratore che però firma il contratto di somministrazione con l’agenzia stessa. Se però avete un contratto di questo tipo, o state per firmarlo, non preoccupatevi: sebbene in tutto questo, il vostro datore di lavoro sarà comunque l’azienda, è l’agenzia a corrispondervi mensilmente lo stipendio e a preoccuparsi degli oneri previdenziali e dell’assicurazione sul posto di lavoro.
Insomma, lavorerete presso un’azienda pubblicata o privata, ma la vostra interfaccia in caso di problemi o se dovete fare qualche ora di lavoro in più sarà l’agenzia con cui effettivamente avete firmato il contatto. Contratto che, come quasi in tutti i casi, esige sempre una forma scritta. Se per qualsiasi motivo un’agenzia vi manda a lavorare presso un’azienda senza ancora avervi fatto firmare niente, sappiate che il contratto di somministrazione è nullo e che sarete considerati a tutti egli effetti di legge alle dipendenze di chi usa la vostra prestazione, ossia l’azienda.
Il contratto di lavoro somministrato è temporaneo, ha quindi una sua durata la cui fine e inizio devono essere espressamente indicate nel contratto. Se però il vostro sta per scadere non disperate: sono ammesse anche le proroghe, purché il contratto rispetti sempre quanto previsto dai contratti collettivi nazionali.
Tra i vantaggi del contratto di somministrazione, simile a uno a tempo determinato, c’è il fatto che lo stipendio non può essere diverso da quello percepito dai vostri colleghi dipendenti dell’azienda, che svolgono la stessa mansione e con lo stesso livello. Non è detto poi che non possiate essere assunti anche voi come dipendenti dall’azienda, questo può avvenire a conclusione del contratto.
Ovviamente, come per altre forme contrattuali, anche in questo caso la Riforma Fornero ha apportato qualche modifica. Le novità riguardano, così come per i contratti a tempo determinato, la casualità da indicare sul contratto (ossia il motivo per cui si assume a tempo). Non ci sono problemi se la persona è al suo primo incarico di lavoro in assoluto: se il contratto non dura più di un anno, non c’è bisogno che sia espressamente riportato per quale motivo la si sta assumendo.
Per chi ha già lavorato, la questione non è molto facile e la causale diventa determinante. Se manca, il contratto di somministrazione a termine si trasforma in automatico in un tempo indeterminato con l’azienda utilizzatrice. Di recente anche due sentenze della Cassazione hanno chiarito l’importanza delle motivazioni da inserire nel contratto.
Tali causali possono essere legate a ragioni tecniche (necessità di avere personale specializzato per fare dei lavori che gli interni non possono fare); di produzione (come è intuibile, ci sono delle commesse o picchi di lavoro cui l’azienda deve fare fronte); ragioni organizzative (c’è l’esigenza da parte dell’azienda di riorganizzare il lavoro per introdurre delle sperimentazioni); sostitutive.