Risulta essere solo da qualche anno che in Italia, grazie all’informazione ed all’esigenza di rispondere in maniera pratica e concreta alle problematiche relative all’inquinamento, allo sfruttamento minorile, e più in generale alle più disparate tematiche sociali ed ambientali, ci si sente sempre più sensibilizzati e si stanno adottando, con il passare degli anni, sempre maggiori e più importanti opportunità per migliorare la condizione del nostro pianeta.
Sostenibilità, infatti, significa ”equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie”, definizione tratta dal Rapporto Brundtland del 1987 grazie al quale si iniziò a riconoscere il problema della salute e del rispetto della Terra.
Ad oggi, con la sempre maggiore sensibilizzazione riguardo queste tematiche e problematiche ambientali ed ecologiche – ma in un certo senso anche economiche e sociali – si sta facendo molto di più per cambiare abitudini per troppo tempo radicate nel nostro modo di essere e di pensare: un esempio tra tanti, l’architettura sostenibile – detta anche bioedilizia o architettura a basso impatto – che indica un ridotto consumo di risorse naturali non rinnovabili nella costruzione e trasformazione dell’habitat (e più in generale nella modificazione antropica dell’ecosistema) ed un efficiente utilizzo di quelle che invece sono risorse rinnovabili, grazie alle quali siamo in grado non solo di migliorare il pianeta rispettandone i cambiamenti e la salute, ma anche il nostro stile di vita.
E’ in un contesto come questo che si può collocare l’idea di aprire un negozio equo solidale, ovvero un ambiente in cui si può partecipare alla costruzione di un’economia alternativa e di un consumo critico con un approccio del tutto diverso da quello tradizionale e convenzionale, e che miri soprattutto ad un certo equilibrio dei rapporti tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, ed al rispetto del pianeta e delle sue esigenze.
In Italia, a dire il vero, sono ancora poche – appunto perché scarsamente conosciute – le botteghe equosolidali, ma non è detto che esse non possano diventare, nel corso degli anni e con una sempre maggiore consapevolezza della loro utilità, un vero e proprio commercio non più alternativo: l’obiettivo del commercio equo e solidale è esattamente quello di promuovere la giustizia sociale ed economica ed uno sviluppo sostenibile attraverso il commercio senza fini di lucro.
Chi volesse scegliere questa strada, deve quindi innanzitutto sapere che proprio per la scarsa conoscenza rispetto a questo tipo di commercio alternativo al tradizionale, non è del tutto facile sensibilizzare la gente e spingerla ad acquisti di questo genere, ma dal punto di vista personale e della propria soddisfazione è del tutto impagabile ciò che se ne ricava. Il primo consiglio utile per chi intendesse avvicinarsi a questo contesto è quello di seguire un corso formativo: poiché questi corsi vengono organizzati da “Fairtrade”, è bene consultare il sito ufficiale dell’Organizzazione, al fine di conoscerne date, luoghi e programmi dei corsi.
Sotto il profilo amministrativo e burocratico, invece, per aprire un negozio equo solidale occorre prima di tutto aprire la partita iva: successivamente, ci si può rivolgere – come singolo o come cooperativa o società – allo sportello unico del proprio comune e presentare il Modello COM 1 debitamente compilato in ogni sua parte.
Esso è un modello, relativo all’Esercizio di commercio al dettaglio di vicinato, di cui va fatta una copia che va corredata degli estremi dell’avvenuta ricezione da parte del Comune, e presentata entro 30 giorni al Registro delle Imprese della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura della provincia di competenza dell’esercizio commerciale.
Oltre a questo modello, esistono anche diverse documentazioni da presentare, che vi elenchiamo al fine di avere una conoscenza quanto meno generica sulla parte burocratica legata a questo tipo di attività:
– Una fotocopia del proprio documento di identità
– La planimetria dei locali con evidenziata la superficie di vendita, che ricordiamo, deve essere di almeno 50 metri quadrati;
– Una dichiarazione sull’impatto acustico ambientale nel caso in cui all’interno dell’esercizio commerciale siano presenti macchinari fonte di rumore;
– Una copia del permesso di soggiorno nel caso si sia cittadini extra Unione Europea.
Inoltre, è importante sapere che prima di poter aprire il negozio equo solidale, è necessario rendersi disponibili al sopralluogo da parte dei tecnici della Prevenzione del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) della ASL di competenza, che verrà compiuto per verificare l’idoneità dei locali ed il rispetto delle norme sanitarie previste e richieste.